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frascino OSSEditoriale del Presidente - 14 settembre 2022.

Gentili collegh*, a volte è giusto riconoscere e riconoscersi dei piccoli  (forse non così piccoli) ma importanti risultati.

Una delle tematiche che da sempre richiama l'attenzione della professione infermieristica è quella della percezione sociale. Una percezione sociale che in parte passa dai media. Gli Ordini da sempre si trovano come uno dei percorsi più richiesti e più attenzionati dai colleghi sul quale intervenire quello della giusta narrazione sui giornali e in tv. In genere il sintomo più diffuso è quello della terminologia sbagliata nel descriverci e in particolare il far diventare "infermieri" chiunque tranne i medici. Spesso  questa sorte, nel bene e nel male, tocca agli OSS. 

Ho sempre sostenuto che la giusta immagine sociale passi in primis attraverso tutti noi. Non possiamo delegare solo l'Ordine se poi, nel quotidiano, al lavoro come in una cena tra amici, ci descriviamo con auto commiserazione esattemente come NON vorremmo essere descritti. Non possiamo poi stupirci se la nostra narrazione portata agli altri diventa una narrazione sociale. 

Sicuramente però l'Ordine ha il dovere di  lavorare anche con i media su questo. Questo Ordine lo sta facendo da tanto, tanto tempo. Ha scelto il costante dialogo per farlo, più che incessanti e sterili rivendicazioni. Lo ha fatto anche con un corso di formazione rivolto ai giornalisti che ha avuto molto successo. Lo sta facendo coltivando relazioni propositive, mettendosi in discussione, partendo dal presupposto che se una comunicazione è errata la responsabilità non è solo e soltanto del giornalista che racconta ma può avere anche altre origini. 

Ricordo che più che le richieste di rettifica sono state le telefonate nello spiegare, nell'aiutare. Ecco, nell'aiutare il giornalista, non nel contrastare. Prova ne é che adesso, come Presidente, riconosco di poter dichiarare ormai "amici" molti giornalisti. 

Ecco quindi che, nella  recente vicenda di una OSS arrestata nel corso di un'indagine (vicenda che prendo ad esempio per fini comunicativi senza entrare nel contenuto), mai per una volta, in nessuno dei media locali, è uscta la parola "infermiere", anche e soprattutto nei titoli. Questo risultato è per noi così incoraggiante e gratificante, e spero anche per voi, che mi sono sentito di scrivere una lettera di ringraziamento ai nostri media locali. Pochi giorno dopo leggo un articolo con un paio di foto a corredo consistenti in attività domestiche alberghiere e in uno spostamento di un letto vuoto. Ho guardato trepidante la didascalia delle foto e, forse per la prima volta in vita mia, ho letto "operatore socio sanitario" e non "infermiere". (grazie alla competenza di Massimiliano Frascino).

Ho sentito doveroso scrivere questo editoriale perché siamo una professione sempre molto incline nel soffrire una rappresentazione distorta di noi stessi, ed è giusto riconoscere sia a noi che agli altri che "eppur qualcosa si muove". 

 

CAMERA SENATO FOTOL’emergenza pandemica ha fatto emergere criticità del Servizio sanitario nazionale, e adesso alcune modifiche normative appaiono inderogabili, a tutela della popolazione.

“Gli infermieri sono pochi rispetto al fabbisogno e la professione è sempre meno attrattiva” è l’allarme della Fnopi che ha identificato tre priorità inderogabili, inviate alle forze in corsa per le elezioni: incremento della base contrattuale e riconoscimento economico dell’esclusività delle professioni infermieristiche; riconoscimento delle competenze specialistiche; evoluzione del percorso formativo universitario.

I posti messi a bando negli Atenei, sottolinea la FNOPI, spesso non sono saturati. Il numero di infermieri richiesti sul territorio non risponde ai numeri di cui l’Italia dispone anche rispetto ai rapporti previsti dalle analisi internazionali (Oms, Ocse ecc.). E di questa situazione, le cause sono da ricercare anche nel mancato riconoscimento valoriale ed economico della professione e nell’assenza di prospettive di carriera.

Le nuove necessità normative per un cambio di rotta sono raggruppabili in tre blocchi.

Il primo deve prevedere la valorizzazione della voce contrattuale definita come indennità di specificità infermieristica (voce stipendiale istituita dalla legge di Bilancio 2021 e già individuata contrattualmente), da incrementare di almeno il 30%: oggi gli infermieri italiani sono al 25° posto come media annuale tra i paesi Ocse (seguita solo da altri otto Paesi). Essenziale è anche il riconoscimento economico dell’esclusività per gli infermieri che lavorano in ambito clinico e con ruolo di dirigenza manageriale nei servizi organizzativi nelle strutture pubbliche e private convenzionate, superando i vincoli dell’attuale legge sul Pubblico impiego, che risale ormai a 21 anni fa, o, in alternativa, consentendo l’esercizio della libera professione extramoenia, in deroga a quanto previsto dalle norme attuali.

Il secondo blocco deve prevedere l’inserimento all’interno dei Lea (livelli essenziali di assistenza) della branca specialistica assistenziale per dare uniformità di prestazioni a livello regionale e nazionale, con l’istituzione delle competenze specialistiche che già oggi esistono di fatto, ma che non sono ufficialmente riconosciute agli infermieri (es. Wound Care, management accessi vascolari, stomaterapia, interventi di educazione sanitaria e aderenza terapeutica ecc.).  È anche opportuno autorizzare la possibilità di prescrivere alcune categorie di farmaci e ausili/presidi, come strumento per applicare le competenze specialistiche, che rientrano nella sfera di competenza infermieristica come già accade in diversi Paesi Ue: un vuoto normativo che rende anche difficile la libera circolazione omogenea dei professionisti in Europa secondo la direttiva 2013/55/UE. E per le competenze specialistiche, è urgente il riconoscimento formativo, organizzativo, contrattuale e di carriera della figura dell’infermiere di famiglia e comunità, professionista responsabile dei processi infermieristici in ambito familiare e comunitario.

Il terzo blocco riguarda la valorizzazione della formazione infermieristica negli Atenei, con l’istituzione di lauree magistrali a indirizzo clinico e scuole di specializzazione. Inoltre, si dovranno legare i posti del corso di laurea e delle lauree specialistiche al fabbisogno del sistema salute. Per questo, è necessario prevedere il finanziamento della docenza universitaria e aumentare il numero dei professori-infermieri (il rapporto docente/studenti è 1:1.350 per gli infermieri, contro altre facoltà sanitarie dove è 1:6).

La politica – conclude la Fnopi – deve porsi obiettivi precisi: senza infermieri non c’è salute, l’Italia deve dimostrare di essere una nazione che investe sull’infermieristica, i cittadini non possono più aspettare”.

Il documento della FNOPi è anche diventata una lettera aperta di OPI GR ai candidati maremmani. Potete leggerla su:

IL GIUNCO - MAREMMANEWS - Il TIRRENO - LA NAZIONE

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