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infermieri di famiglia 2021 248938GROSSETO – È passato un anno da quando, con coraggio e determinazione, su tutto il territorio dell’Asl Toscana sud est 331 infermieri hanno iniziato a lavorare con un nuovo modello organizzativo; un anno impegnativo con momenti di formazione e d’incontro tra i professionisti e la comunità.

Alla presentazione dei dati su questo primo anno erano presenti il direttore generale della Asl Toscana sud est Antonio D’UrsoVianella Agostinelli direttore infermieristico dipartimento Professioni infermieristiche ed ostetriche, Anna Beltrano direttrice Medicina di comunità Asl Toscana sud est, Barbara Mangiacavalli presidente nazionale della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, di Nicola Pinelli direttore della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere, i Presidenti Fnopi di Siena, Arezzo e Grosseto.

Dal 1 settembre 2021 ogni cittadino in condizioni di bisogno che abita nel territorio della Asl Toscana sud est ha un infermiere di famiglia e comunità come riferimento, un professionista della salute che riconosce e cerca di mobilitare risorse all’interno delle comunità, aumenta e migliora il controllo sulla salute dei cittadini. Oggi sono 331 gli infermieri di famiglia e comunità al lavoro in tutta la Asl Toscana sud est (117 Arezzo, 106 Siena e 108 Grosseto). L’organizzazione del lavoro si è evoluta fino a garantire una presenza dell’infermiere di famiglia e comunità nelle dodici ore diurne, sette giorni su sette, partendo dalla concezione della casa come primo luogo di cura sia presente in ogni singola porzione di territorio e diventi il riferimento assistenziale per la popolazione che abita in quello specifico contesto.

«Abbiamo iniziato l’adozione di questo nuovo modello organizzativo già nel 2020 – dichiara il direttore generale della Asl Antonio D’ Urso -, anche sulla spinta della delibera regionale specifica del 2018. La nostra azienda è capofila in Toscana ed una delle prime in Italia ad aver avviato questo progetto e ad aver implementato in tutto il proprio territorio gli infermieri di famiglia e comunità».

«Tali figure – prosegue D’ Urso -, svolgono funzioni fortemente integrate con tutti i professionisti e gli altri portatori di interessi che operano per la salute dei cittadini, come i medici di famiglia, i medici di comunità, le assistenti sociali, i fisioterapisti ma anche le farmacie e le associazioni di volontariato. L’adozione di questo modello organizzativo dell’assistenza territoriale ha consentito l’inizio della costruzione di un rapporto di forte integrazione con i setting ospedalieri presenti nel territorio proprio per accompagnare l’assistito e la sua famiglia in modo funzionale, nei diversi passaggi tra setting ospedalieri, di cure intermedie, cure palliative o domiciliari. È un progetto del quale tutta l’azienda è fiera e che vogliamo continuare a sostenere e implementare».

«Ad ogni infermiere di famiglia e di comunità sono stati assegnati un territorio specifico e delimitato e la popolazione che lo abita – dichiara Vianella Agostinelli direttore infermieristico dipartimento Professioni infermieristiche e ostetriche -, tenendo in considerazione le caratteristiche orografiche, demografiche, epidemiologiche, ma anche la densità abitativa e le caratteristiche sociali del territorio e di quella specifica comunità, proprio per offrire la migliore prossimità e vicinanza alla casa, identificata come primo luogo di cura. Oggi dopo un anno siamo in grado di percepirne le potenzialità e l’efficacia. Abbiamo da poco attivato un servizio veramente innovativo che permette con semplici operazioni di geolocalizzare il proprio infermiere di famiglia ed entrare in contatto con lui. Questo faciliterà non poco il contatto tra assistiti e infermieri e più in generale tra cittadini e servizio sanitario».

«Vorrei che questo progetto dell’Asl Toscana sud est – ha dichiarato Barbara Mangiacavalli presidente nazionale Fnopi -, diventasse laboratorio nazionale in cui provare a mettere a punto questa sinergia tra infermieristica di famiglia e comunità così come esce dalle norme e lo sviluppo dell’assistenza domiciliare integrata per come è cambiata dopo l’intesa Stato/Regioni dell’agosto 2021. Credo sia un percorso virtuoso ed innovativo da prendere a modello».

forum risk 2022Comunicato Stampa 25 novembre 2022

Maggiori competenze con differenti riconoscimenti economici e un inquadramento specialistico che li definisca attraverso una laurea magistrale a indirizzo clinico. Sono queste le principali richieste da parte degli infermieri nell’ultimo anno di percorso di consultazione da parte della federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, che sono emerse durante gli stati generali al forum risk management della sanità, che si è tenuto ad Arezzo fiere e congressi.

“Due giornate molto importanti – ha spiegato Nicola Draoli, presidente dell’Opi Grosseto e consigliere della Fnopi – che tracciano la linea che stiamo portando avanti sul percorso di specializzazione per gli infermieri, principalmente con lauree magistrali a indirizzo clinico. Questo perché non si può continuare a parlare di carenze di professionisti solo ragionando su modelli organizzativi esistenti e vecchi, basati sui numeri, ma bisogna invece spostarsi sulla logica delle competenze dei professionisti innalzando la capacità di risposta, puntando proprio sulle competenze specialistiche da parte degli infermieri e di tutte le altre professioni“.

Il tema della qualificazione della professione infermieristica è, oltretutto, condiviso dall’utenza. “La richiesta, da parte della consulta Fnopi delle associazioni di pazienti e cittadini – ha continuato Draoli -, è di un infermiere specializzato che rimanga un infermiere di fiducia, ma con competenze avanzate in grado di essere espresse. Infermieri che possano essere conduttori del loro caso dal punto di vista organizzativo e assistenziale, snellendo i percorsi proprio grazie a maggiori competenze “.

Nell’occasione è stato formalizzato anche il coordinamento regionale degli ordini professionali della Toscana. “Questa è la linea direttiva – ha concluso Draoli – sulla quale bisogna lavorare per far sì che il sistema sanitario, a partire da quello regionale, sia sostenibile, altrimenti i vecchi modelli con le stesse funzioni che hanno adesso i professionisti, in forte calo numerico, non possono né evolvere, né essere mantenuti. Soprattutto in questo momento, dove i pochi soldi per il Servizio sanitario andranno in consumi energetici non previsti. Dobbiamo invece investire sui professionisti prima di ogni altra cosa”.

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