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ebdaa72a 6297 454e 81a4 383a6310111fGrosseto, venerdì 7 marzo 2025
Comunicato stampa

 

Professioni infermieristiche: un universo prettamente femminile.
Il 77% degli iscritti all’Ordine è donna "...ma ancora sussistono delle disparità legate soprattutto alla situazione familiare", ricordano Draoli e Marini di Opi Grosseto

Quello delle professioni infermieristiche è un universo prettamente femminile, composto per il 77% da professioniste che hanno un livello di formazione e percorsi di carriera sempre più qualificati.

Per questo, in occasione della Giornata internazionale della donna, l’Ordine delle professioni infermieristiche di Grosseto celebra le professioniste della sanità che lavorano nel sistema pubblico e nel settore privato e, allo stesso tempo, evidenzia gli elementi di disparità di genere e discriminazioni, soprattutto legate alla gestione e alla situazione familiare, che ancora si ravvisano nella società.


“Oggi le dirigenze, le posizioni apicali e le funzioni organizzative  - dichiara Fulvia Marini, presidente della Commissione albo infermieri di Opi Grosseto – sono ricoperte per l’85% da donne e nel nostro albo provinciale abbiamo un numero di 1320 infermiere iscritte a fronte 384 uomini. L’altro dato interessante è che sono sempre le donne le professioniste che, nel mondo infermieristico, cercano nuovi percorsi di realizzazione professionale in Italia: tra i nostri iscritti, infatti, 31 sono donne appartenenti all’Unione europea e 18 extra Ue, a fronte di 3 soli uomini comunitari. Anche relativamente ai corsi di laurea, la percentuale di donne rispetto agli uomini rispecchia gli iscritti Opi: secondo i dati di Almalaurea le donne iscritte ai corsi di professioni sanitarie e infermieristiche sono il 73% a fronte del 27% dei maschi, mentre le donne sono ancora sottorappresentate nella leadership sanitaria, nella dimensione infermieristica  - perlomeno provinciale - il dato è in controtendenza.

Tuttavia resta, nel nostro Paese, quel divario di genere dovuto soprattutto al fatto che, nella nostra società, sono ancora le donne le persone deputate alla gestione assistenziale e sociale extra lavoro”.
Un recente studio condotto lo scorso anno dal titolo “Discriminazioni e benessere professionale”, realizzato dall’Osservatorio pari opportunità di genere nelle Professioni ordinistiche e che ha coinvolto nelle risposte oltre 4mila iscritte, mette in evidenza che il 43.5% delle infermiere ha individuato nella situazione familiare una causa di discriminazione sul lavoro.


“È su questo squilibrio tra vita lavorativa e vita privata – commenta il presidente di Opi Grosseto Nicola Draoli – che emerge una delle differenze più significative, con un carico maggiore per le infermiere rispetto ai colleghi uomini, per la cura dedicata ai familiari che va a sommarsi all’attività lavorativa inficiando spesso benessere psicologico e opportunità professionali”. Il 59,3% delle donne che hanno risposto alle domande dell’Osservatorio ha dichiarato di prendersi cura con continuità e presenza dei figli (contro il 55,3% degli uomini), mentre si occupa dei genitori il 56,1% delle donne contro il 47,3% degli uomini.  


“Per questo – aggiungono Draoli e Marini – occorre lavorare per promuovere una nuova cultura della parità, provando anche a creare le condizioni affinché il carico di ‘lavoro’ domestico e familiare non sia solo attribuito alle donne. Accanto a questo, servono nuovi strumenti di conciliazione vita-lavoro e Opi Grosseto sta lavorando in questo senso, anche attivando una serie di convenzioni con soggetti attivi sul territorio, che possano permettere ai nostri iscritti di fruire di servizi a tariffe più vantaggiose. Cogliamo l’occasione per invitare tutte e tutti gli interessati a contattarci”.

20FebbraioGrosseto, 19 febbraio 2025
Comunicato stampa

Giornata del personale sanitario e del volontariato: l'intervento del presidente di Opi Grosseto, Nicola Draoli

 Il presidente dell’Ordine degli infermieri di Grosseto, Nicola Draoli, interviene in occasione della Giornata nazionale del personale sanitario sociosanitario assistenziale socioassistenziale e del volontariato

“Questa ricorrenza nasce il 20 febbraio non a caso. La data – spiega Draoli - è quella in cui è stato individuato il paziente zero all'inizio della Pandemia. Non è una giornata dedicata ai soli operatori sanitari ma anche sociali e e del volontariato. E questo aspetto non è da poco, perché fa riferimento al fatto che, quel fatidico giorno e per tanti mesi a venire fu chiara una cosa: la nostra salute è un bene prezioso su cui intervengono tante persone diverse, ma su cui interveniamo anche noi stessi.

E' molto difficile per noi curare e prendersi cura se non c'è un'unione di intenti, un fine comune a cui tendere e che riguarda ognuno di noi. Sempre di più si parla di cure territoriali con una logica ben precisa: curare la comunità per curare il singolo, curare il singolo per curare la comunità.

In quei mesi difficili e devastanti trovammo quel senso di unione, quel senso di supporto reciproco, ma soprattutto comprendemmo che noi, da soli, non possiamo fare molto se non c'è un sistema unito (politica, cittadinanza, istituzioni) che guarda agli stessi obiettivi. Oggi abbiamo davanti una duplice sfida: rispondere a nuovi bisogni sulla salute ad una popolazione diversa dal passato con meno reti sociali, ma anche rispondere ai bisogni di una nuova generazione di professionisti che vuole un sistema più agile, più snello, più flessibile ma che contemperi anche i bisogni individuali e personali e che offra strumenti per bilanciare al meglio l'equilibrio vita lavoro.

Non voglio fare di questa giornata solo una celebrazione autoriferita, ma ricordare di come il dibattito sulla sanità abbia bisogno dell'aiuto di tutti e di posizioni coraggiose, lungimiranti, che trattino ogni professionista e volontario per il ruolo centrale che svolge e soprattutto che eviti populismo contro producente".

Logo 250Non è un infermiera ma una volontaria della CRI la persona coinvolta nel fatto di cronaca riportato oggi dal Tirreno.

Il disguido comunicativo potrebbe essere nato dal fatto che le volontarie della CRI possono seguire un corso che le definisce poi 'infermiere volontarie' pur non essendo infermiere ai sensi della normativa professionale .

Distinguere il personale sanitario, indicando le corrette qualifiche, è molto importante soprattutto in un'ottica di chiarezza delle informazioni e di trasparenza nei confronti dei cittadini. Da tempo, infatti, l’Ordine a livello nazione e territoriale porta avanti una azione di informazione e sensibilizzazione anche nei confronti delle altre istituzioni.

È recente, infatti, anche l'audizione al senato del 5 febbraio scorso in cui, tra le proposte avanzate a seguito dell’analisi del disegno di legge della Revisione disciplina Corpo militare volontario e Corpo infermiere volontarie Croce Rossa, nel solco di un convinto e pieno apprezzamento dell’operato della Croce Rossa, c’è stata la richiesta di modifica della denominazione di infermiere volontarie con la richiesta di adottare termini come ausiliario sanitario militare CRI, operatore di supporto sanitario CRI, per evitare confusione, sovrapposizioni con la figura dell’infermiere laureato.

È importante chiarire il ruolo, specificando che le volontarie non possono sostituire gli infermieri laureati in alcun contesto sanitario ordinario, ma solo in situazioni emergenziali ed in assenza di personale qualificato disponibile. Per altro, è auspicabile che con la revisione della norma si preveda la possibilità di carriera e di inquadramento come infermieri laureati dentro i corpi volontari, inserendo la professione infermieristica tra le categorie del personale direttivo del Corpo militare volontario”.

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