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cambio divisaLa Regione Toscana ha definito una linea di indirizzo da applicare a tutto il SSR per veder riconosciuto al personale non dirigente il tempo di vestizione e il tempo di passaggio consegne. Nei casi in cui gli operatori debbano indossare apposite divise sul luogo di lavoro per lo svolgimento della propria prestazione, gli orari di lavoro includono e contabilizzano 10 minuti complessivi - tra entrata e uscita -, per turno di lavoro, necessari alla vestizione e svestizione degli indumenti. Negli ambiti organizzativi con articolazione degli orari di lavoro sulle 24 o 12 ore, in cui sia indispensabile la continuità assistenziale, che garantiscono il passaggio di consegne inerenti agli utenti sono riconosciuti, per turno di lavoro, 15 minuti complessivamente tra cambio divisa e passaggio consegne (Questo ultimo caso  già avviene a Grosseto).

LINK: http://www.quotidianosanita.it/toscana/articolo.php?articolo_id=53174

Come ho già scritto  la ritengo una mossa opportuna e previdente per eludere l'inevitabile mare di ricorsi che si prospettava viste le numerosi recenti sentenze. Una mossa doverosa che aiuta e riconoscere una piccola parte di quella quota tempo "invisibile" che viene data all'Azienda ma che personalmente è ancora lontana dalla mia idea di organizzazione di professionisti sanitari.

Quella che vi espongo è una "visione", una rivoluzione paradigmatica in ambito contrattuale, organizzativo e professionale e quindi probabilmente inseribile nelle utopie. Mi chiedo però quanto sia davvero gratificante lottare ed esultare per un tempo di cambio divisa come se fossimo in fabbrica. Quanto questa "vittoria" ci identifichi in realtà come meri operai in catena di montaggio. Io piuttosto sogno, è il caso di dirlo, orari flessibili degni di un professionista che instaura un rapporto fiduciario con Cittadini e Azienda. Un cartellino aperto che non ha bisogno di controlli, doppi controlli, permessi, contro permessi, autorizzazioni, firme e doppie firme. Un sistema snello che si basa sulla maturità e senso di appartenenza al sistema sanitario e alla propria Azienda di tutti gli attori e sulla fiducia reciproca e che pur muovendosi su binari definiti (altrimenti è il caos) permetta la matura, consapevole e in parte autonoma gestione del tempo di ogni professionista secondo logiche di effettivo carico di lavoro, di processi, di risultati.

Immagino delle linee di indirizzo di massima in cui il coordinatore svolge il suo ruolo, ovvero dotazioni organiche minime, un turno "base" definito, un cumulo di ore minime da svolgere. Dopodichè ho un caso complesso che sto seguendo? ebbene lo seguo oltre orario di mia spontanea volontà per deontologia e continuità senza chiedere niente a nessuno. Allo stesso modo c'è una situazione di complessità assistenziale che permette un uscita anticipata, un ingresso posticipato o addirittura una pausa lunga stimbrata nel mezzo del turno? Presi accordi con i colleghi ed il coordinatore ne usufruisco senza problemi. Ovviamente questo richiede anche che io sia disponibile a  riprendere servizio in caso di bisogno ma non perchè imposto dal coordinatore, ma perchè imposto dalla mia etica di servizio. Un sistema dove quindi ogni minuto è conteggiato perchè ogni minuto è fornito con senso.

Perchè ogni minuto assolve ad uno scopo in cui il professionista si sente responsablizzato di quel minuto speso.

Un sistema dove possa lavorare a dei documenti aziendali da casa con timbratura on line. Dove, da coordinatore, possa anche risolvere situazioni a distanza (telefono, mail) attivando il riconoscimento orario. Dove da infermiere referente possa prestare consulenza a distanza anche essa riconosciuta. Un sistema dove ogni professionista è responsabile della sua situazione oraria che dovrà gestire con oculatezza ma che senta suo in primis l'assolvere ai mandati professionali contestualizzati nei mandati aziendali propri del ruolo. Un sistema dove, lo ribadisco, tutti i professionisti lavorino per processi ed obiettivi e non per ore da dare e ore da rendere.

Non è niente di nuovo. Moltissime aziende estere facilitano questa visione intanto mettendo servizi nei luoghi di lavoro (asili ad esempio) e poi valutando i suoi dipendenti solo sulla base di indicatori precisi e non dalle ore. Anzi, in alcuni casi, il monte orario dovuto non è nemmeno richiesto. Un sogno folle per come è il mondo del lavoro Italiano, incardinato, ingessato, rigido con attori (dal lavoratore fino all'apice della piramide) spesso privi di trasparenza. Un sogno che non smetto di fare perchè ci sono esempi in Italia di coordinatori illuminati che riescono in parte, per quanto possono nei limiti delle norme,  a creare quanto descritto con la costruzione di un gruppo saldo, coeso, orientato al bene del servizio e degli assistiti attraverso il supporto reciproco nel gruppo professionale e dove tutti ne guadagnano. Tutti.

Nicola Draoli

3/08/2017 h 23.00

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