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Disegno di legge 1715 di riforma del servizio 118: troppe deroghe sugli ambiti di operatività del servizio e i tempi di intervento rispetto al decreto ministeriale 2 aprile 2015 n.70 sugli standard ospedalieri che disegna il sistema di emergenza-urgenza secondo un modello omogeneo sul territorio, che si sarebbe dovuto semmai far applicare omogeneamente dalle Regioni.

Economicamente sconveniente prevedere per le centrali operative un livello provinciale senza una valutazione accurata delle caratteristiche del territorio.

Il dipartimento è scollegato dai dipartimenti emergenza urgenza intraospedaliera (con  una frammentazione in termini di disequità con i medici dedicati al dipartimento ospedaliero che saranno solo quelli inidonei al territorio). A questo si aggiunge l’utilizzo di personale senza specialità ma solo con una formazione di 300 ore.

Gli standard definiti non sono chiari: citano i 60.000 abitanti ogni mezzo di soccorso avanzato già citati dal DM e ne inseriscono 100.000 per le aree urbane, ma soprattutto definiscono come mezzo di soccorso avanzato quello medico-infermieristico, oggi utilizzato nel 5% dei casi.

“Pensiamo – spiega la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli – che una riforma di questa portata, su un argomento così centrale per l’assistenza che deve essere garantita ai cittadini, dovrebbe guardare di più ai loro bisogni, meno ad altre tipologie di interesse che nulla hanno a che vedere con questi; essere il frutto di una totale convergenza di tutti gli attori coinvolti; valorizzare e sistematizzare le innovazioni intercorse negli anni, da quelle professionali a quelle organizzative, anche in alcune realtà regionali; guardare a riferimenti e orientamenti internazionali; essere sempre in linea con le evidenze scientifiche e organizzative disponibili e più aggiornate”.

“E’ l’impianto generale del DDL – afferma Mangiacavalli – che dal nostro punto di vista merita un ripensamento strutturale perché intravediamo un ritorno al passato, ampiamente superato dai fatti, dai dati, dall’evoluzione (anche formativa) della nostra professione, dalle innovazioni che servono al nostro Servizio sanitario nazionale per rispondere sempre meglio ai bisogni dei cittadini, che sono il vero faro al quale dobbiamo guardare tutti. Invece notiamo una particolare attenzione ai contenitori (dipartimenti, ruoli,…), meno sui contenuti, che invece guardano troppo al passato”.

“Sul versante del personale – afferma Nicola Draoli, componente del Comitato centrale FNOPI e Presidente OPI Grosseto che ha rappresentato la Federazione nell’audizione sul Ddl in Commissione Igiene e Sanità al Senato  – come Federazione (ma non solo: anche altre organizzazioni non solo infermieristiche la pensano in questo modo) siamo per un percorso di specializzazione infermieristica, ma questo Ddl parla di infermieri 118 dedicati, senza declinare non solo le competenze, ma nemmeno il percorso formativo”.

Ancora per la FNOPI è problematico il criterio di definire standard temporali che siano sganciati dalla necessità di risposta alla tipologia dei bisogni. Così come appare necessario che siano definiti protocolli chiari, omogenei, condivisi e inderogabili a livello nazionale per le varie tipologie di intervento, in modo tale da non creare i presupposti per azioni strumentali di rivalsa da parte di qualunque delle professioni coinvolte, come invece è spesso accaduto, lasciando una parte importante dell’organizzazione dell’emergenza-urgenza alle scelte della magistratura.

La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche valuta il provvedimento distante dalla vision della comunità infermieristica che rappresenta, dall’architettura e dai riferimenti introdotti attraverso gli standard previsti dal decreto 70/2015 e in alcuni passaggi non convergente e coerente con le evidenze più aggiornate e riconosciute dalla letteratura scientifica e organizzativa del nostro SSN.

Secondo Draoli “le prestazioni del Sistema 118 non devono essere necessariamente medicalizzate né si può ipotizzare una qualunque penalizzazione di ruolo e di capacità professionale per la figura dell’infermiere. A ciascuno il suo ruolo e la sua professionalità, secondo meccanismi e interazioni virtuose che riconoscano il ruolo, la funzione e la crescita professionale delle famiglie professionali, anche considerando le prerogative proprie dell’una e dell’altra professione”.

“Per quanto ci riguarda  – conclude Draoli – non vuole esserci alcuna invasione di campo per ciò che attiene compiti e ruoli propri di altre professionalità, ma il giusto e corretto riconoscimento del nostro status giuridico di professionisti sanitari e con le competenze previste dal nostro profilo professionale; perché sostenuto dall’ordinamento giuridico nazionale ed europeo oltre che da linee guida internazionali e da specifici protocolli. Infermieri e medici del servizio di emergenza 118 operano in integrazione e, quando le situazioni evidenziano particolari complessità, in sinergia con i medici dell’emergenza urgenza (automediche ed elisoccorso). In un settore ricco di tecnologia e interconnessioni continue in remoto con tutte le professionalità – conclude -, l’autonomia si può esercitare in équipe, in costante collegamento con la centrale operativa e bisogna essere messi in condizione di esprimere il massimo delle competenze spendibili da tutti, soprattutto in un ambito come quello del 118 che deve essere dinamico, flessibile e con interventi modulabili in sicurezza”.

 

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